Umbria

Storia e Tradizioni

L’ Umbria è un piccolo ma variegato cuore verde, terra a misura d’uomo dove ancora oggi sono vive le antiche tradizioni contadine che convivono con le sollecitazioni spirituali e culturali. Terra del misticismo francescano, l’Umbria è un museo a cielo aperto che conserva architetture medievali e mirabili affreschi rinascimentali, noti in tutto il mondo.

I suoi centri abitati , ai primi posti per il livello di qualità della vita, sorgono su quei rilievi scelti dagli Etruschi per la naturalità della loro posizione strategica e per l’eccezionale energia che da essi scaturisce. Il dominio dei Romani segnò il territorio con la Via Flaminia ancor oggi asse di comunicazione della regione. Nel Medioevo nacquero i borghi fortificati da imponenti torri ,come Corciano, paese a pochi minuti dal capoluogo.. Nell’età Comunale le città assumono quell’aspetto affascinante e unico ,adornato da esemplari opere come la Fontana Maggiore di Perugia .

L’Umbria associa a tutto ciò un raffinato servizio turistico rivolto ad una “elite” di viaggiatori disposti a perdersi in atmosfere del passato, fatte di cultura e poesia, ma anche predisposti al divertimento e al relax, grazie alle numerose manifestazioni che ivi si tengono durante l’anno ed a percorsi eno-gastronomici di tutto rispetto.

Una terra ricca di frutti

Vite e olivo danno un’impronta inconfondibile ai paesaggi collinari. Nelle millenarie pratiche agricole, le tecniche di coltivazione sono sempre state sostenute dalla costante attenzione al bello per unire utilità e armonia nella disposizione dei filari o nelle alberate: e sta in questo l’incanto della campagna umbra.

I diversi modi di coltivare queste piante fruttifere hanno ciascuno un significato e un’epoca. Oggi, buona parte degli oliveti e dei vigneti sono specializzati. I moderni sistemi di coltivazione puntano sulla crescita della qualità, ottenuta anche con la selezione dei tipi tradizionali. E questo spiega come, in un territorio piccolo come l’Umbria, ben undici vini siano DOC e due DOCG, con una costante affermazione della produzione regionale sui mercati italiani e internazionali, mentre la quasi totalità dell’olio d’oliva è extra vergine e si fregia della denominazione di origine protetta “Umbria” che comprende l’intero territorio regionale.

Visitiamo il territorio e le sue produzioni:

Il Vino ieri

Il vino è l’Etruria, quando si pensa all’ etrusco in atto di brindare si compie una sintesi per la quale non esistono confini tra il vino ed il mondo etrusco. Nel tempo della vendemmia una grande allegria coinvolgeva tutti. Cominciavano col tingersi le gambe di mosto. Poi giocavano all’otre unto. Si ponevano in mezzo al prato degli otri pieni di vino e unti con l’olio vecchio: i contadini vi dovevano ballare sopra tra le risate per le numerose cadute dei partecipanti che imperterriti continuavano.

Il Vino oggi

Tra tutti i vini umbri l’Orvieto è il vino “storico”: è prodotto con uve di Trebbiano, Grechetto, Drupeggio e da altre uve bianche dei colli dell’Orvietano. È di colore giallo paglierino e di profumo assai gradevole. A partire dagli anni ’30, ma più decisamente dagli anni ’60, la viticoltura umbra ha subito una profonda trasformazione. Il terreno coltivato a vite copre 16.503 ettari, la produzione annuale di vino è di 740.000 ettolitri, il 58% è bianco e il 43% è nero, il 30,5% è a DOC. Dal 1960 sono state riconosciute le seguenti Denominazioni di Origine Controllata: Torgiano, Orvieto, Rosso Orvietano, Colli del Trasimeno, Montefalco, Colli Alto Tiberini, Colli Perugini, Colli Martani e Colli Amerini, Lago di corbara e Assisi.
Due sono i vini a Denominazione di origina controllata e garantita (D.O.C.G.): Torgiano rosso Riserva e Montefalco Sagrantino, quest’ultimo nelle versioni secco e passito.

Vediamo quali sono le zone vinicole principali.

Al centro della regione si estende la zona di Perugia che è la più importante dal punto di vista vinicolo. E’ questa la zona dove nascono le due D.O.C.G. umbre: il Torgiano Rosso Riserva ed il Sagrantino di Montefalco. Entrambi prendono il nome dai paesi di origine. Il primo si ottiene dal vitigno San Giovese in una zona collinare estremamente circoscritta che beneficia di un clima particolare che favorisce la concentrazione di zucchero nell’uva. E’ di colore rosso rubino e profumo delicato e vinoso. Il secondo nasce dal vitigno autoctono Sagrantino di origini antichissime, probabilmente importato dalla Spagna. Ha un profumo caratteristico che ricorda quello delle more di rovo e colore rubino intenso tendente al granato.

Nella parte sud est della regione si sviluppa la zona di Terni. Questo è il luogo dove nasce il famoso “vino dei papi” di antica memoria: il vino di Orvieto, che prende il nome dalla cittadina omonima. E’ interessante notare come questo vino in origine fosse dolce: infatti le basse temperature delle caratteristiche cantine scavate nel tufo impedivano di fatto la completa fermentazione del mosto con conseguenti zuccheri residui. Questa zona costituisce anche l’ambiente perfetto per la coltivazione di vitigni internazionali come lo Chardonnay, il Sauvignon ed il Pinot Nero che qui danno il meglio di sé raggiungendo punte di eccellenza.

Assisi Anche questa zona (Assisi, Perugia e Spello) è favorevole alla produzione di vini rossi, rosati e bianchi. Conosciuti sono anche il Grechetto e il Novello.
Trasimeno La coltura della vite qui ha origini antichissime, grazie al clima lacustre e ai pendii collinari che favoriscono l’esposizione della vite ai raggi solari. Ottimi sono i rossi e i bianchi.
Colli Perugini In quest’area sono state scoperte testimonianze di viticoltura da parte degli Etruschi e dei Romani. La zona si estende poi a sud di Perugia verso la riva destra del fiume Tevere.

Toscana

Storia e Tradizioni

La Toscana è forse la regione italiana dove la cultura del vino vanta le più antiche tradizioni.

Il vino toscano parla un linguaggio nobile ed antico, dove semplici agricoltori e famiglie blasonate da secoli si sono dedicati alla coltivazione della vite.

Sono stati gli Etruschi, a partire dal VIII secolo avanti Cristo, i primi a coltivare la vite in questa regione. Essi utilizzavano come tutori della vite gli alberi vivi: ancora oggi in alcune zone della Toscana si possono scorgere tracce di questa forma aerea di allevamento. È comunque con l’Impero Romano che i vini Toscani iniziano ad acquisire quella fama che non li abbandonerà nei secoli successivi. Oggi i vini toscani sono conosciuti ed apprezzati in tutto il mondo, così come il territorio che li produce.

Il paesaggio regionale si è modellato nel tempo in funzione della vite assumendo caratteristiche di straordinaria ed affascinante bellezza. Terra dai dolci colli, dai panorami luminosi, dai colori che sfumano dall’ocra senese al verde e agli azzurri maremmani. Un paesaggio viticolo movimentato che abbraccia un’ampia fascia con rilievi irregolarmente disposti fra l’Appennino e le pianure costiere. Una morfologia variegata che va dalle zone agganciate alle Alpi Apuane, prevalentemente costituite da calcari e argille, alle colline del Chianti d’origine più recente e composte di marne argillose, arenarie e argille. Le Colline Metallifere e, più a sud, il Monte Amiata presentano un terreno dalla superficie fluviale derivata, in gran parte, dallo sfaldamento di rocce vulcaniche, arenarie, argille e tufi. La Toscana è la regione italiana che ha saputo meglio coniugare il turismo con l’enologia, merito anche della bellezza dei suoi paesaggi.

Il Territorio:

Partiamo dalla zona del Chianti, che dà alla luce il vino omonimo, forse il vino italiano più conosciuto nel mondo. Il nome Chianti viene citato per la prima volta verso la fine del XIV secolo, ma il vino così come lo conosciamo oggi, a base di Sangiovese arricchito con Canaiolo e Trebbiano, fu codificato nel XIX secolo dal Barone Ricasoli. Originalmente la zona del Chianti si estendeva tra Firenze e Siena, ma già nel 1726 un bando del Granducato di Toscana allargava la zona di produzione alle terre limitrofe, decisione ratificata nel 1932 da un decreto del re d’Italia che però al contempo definiva la zona del Chianti Classico come quella originaria.

Oggigiorno esistono sette sottodenominazioni che corrispondono ad altrettante zone geografiche: Chianti Classico, Chianti Colli Fiorentini, Chianti Rufina, Chianti Montalbano, Chianti Colline Pisane, Chianti Colli Senesi e Chianti Colli Aretini. Ogni Chianti, pur avendo la propria personalità, mantiene delle caratteristiche comuni che lo contraddistingue da altri vini: il bel colore rubino ed il caratteristico profumo vinoso con sentori di mammola.

Intorno al borgo medioevale di Montalcino si sviluppa la zona di produzione, o meglio, il santuario, di un vino che è diventato un mito: il Brunello di Montalcino. Ottenuto dal vitigno Sangiovese, che localmente viene detto Brunello, rappresenta la punta qualitativa della produzione locale. La eccezionalità di questo vino è dovuta in gran parte alle favorevoli condizioni climatiche e al terreno. Ma un grosso contributo viene anche dal sapiente lavoro di cantina, che prevede una lunga maturazione in botti di legno pregiato, le cui tecniche si tramandano di generazione in generazione. Il Brunello di Montalcino è diventato in questi ultimi anni sinonimo di qualità esclusiva, una sorta di ambasciatore italiano nel mondo della nostra realtà enologica.

Poco lontano da Montalcino, verso est, troviamo il borgo di origine etrusca, ma di aspetto rinascimentale, di Montepulciano: questa è la zona dove ha origine il Vino Nobile di Montepulciano, un’altra delle perle enologiche della regione, ottenuto sempre dal vitigno Sangiovese, ma con l’aggiunta sapiente del Canaiolo Nero e di altri vitigni selezionati.

A nord ovest di Siena sorge una delle più belle cittadine italiane: San Gimignano. Situata sulla via dei pellegrini che si recavano a Roma, ha mantenuto la sua fisionomia medioevale. Caratteristica che rende unico questo borgo sono le numerose case-torri, simbolo della ricchezza degli abitanti: delle 72 originali, 15 sono giunte a noi intatte. La zona che si estende intorno a San Gimignano dà i natali al primo vino italiano che ha ottenuto la D.O.C. e, al contempo, l’unico vino bianco toscano a fregiarsi del massimo riconoscimento della D.O.C.G.: la Vernaccia di San Gimignano. Apprezzato nei secoli da papi e principi è ottenuto dal vitigno autoctono omonimo.

Infine, spostandoci verso sud ovest, troviamo la piccola ma estremamente qualificata zona di Bolgheri che prende nome dal borgo tanto caro al poeta Carducci. E’ questa una zona dove trova la sua massima espressione un vitigno di origine francese, il Cabernet Sauvignon, che dà origine a rossi di grande pregio

Emilia – Romagna

Storia e Tradizione

Come suggerisce il nome, l’Emilia-Romagna é formata dall’unione di due aree specifiche con Bologna, Capoluogo regionale, piú o meno sulla linea di demarcazione. L’Emilia occupa la parte occidentale della regione con le sue prosperose provincie allineate lungo l’antica Via Emilia, una strada costruita dagli Antichi Romani e che é tuttora una delle vie di trasporto principali fra Milano e la costa adriatica. La Romagna invece si estende ad est di Bologna fino al Mare Adriatico, con la storica cittá di Ravenna e la famosa destinazione estiva di Rimini.

Il vigneto Emilia Romagna in numeri si presenta con grandi cifre: 58.237 ettari di superficie vitata, si sono tradotti in 4.733.000 ettolitri, di cui il 43% è bianco e il 57% è nero, il 21,4% è a DOC.

Alcuni cenni sulla storia del vino

L’Emilia Romagna evoca, in campo enologico, vini spensierati, spesso frizzanti ed abboccati. La visione che ci appare della regione è quella di vigneti destinati alla produzione di grandi quantità con uve per prodotti spesso di modesto contenuto alcolico. Ciononostante, in questa regione dalla storia sempre agitata, ricca ed intensa, dove persino il Cabernet Sauvignon frizzava, a partire dagli anni Settanta, una nuova tendenza ha riformato i canoni enologici. Hanno visto la luce anni di frenesia, in cui i migliori produttori si sono impegnati per recuperare il tempo perso dietro alla quantità dedicandosi unicamente alla qualità. L’attenzione rivolta a pratiche di vigneto alternative, alla selezione clonale, a sesti d’impianto più attuali, a nuove forme d’allevamento, a rese limitate ed impensate per queste zone. Più attenzione poi è stata posta all’innovazione in cantina, alle interazioni con i legni, ai giusti tempi di macerazione ed affinamento. In Emilia Romagna tutto ciò non è più un pensiero pionieristico, ma ormai una tendenza sufficientemente consolidata.

Visitiamo il territorio e le sue produzioni:

Il nostro itinerario può iniziare dall’ameno ed invitante paesaggio dei Colli Piacentini. Risalendo le valli Arda, Tidone, Trebbia, Nure che dalla pianura rimontano le colline piacentine s’incontrano terreni vocati dove nulla sembra affidato al caso e i dolci pendii sono fregiati da regolari geometrie di filari. In questi luoghi, ogni valle sembra possedere la sua vocazione e, se in Val Tidone regnano le uve rosse, la Val Trebbia è consacrata alla bacca bianca. Un piacevole territorio disseminato di 400 fra rocche e castelli con un re incontrastato: il Gutturnio, uvaggio di Barbera e Bonarda.

La D.O.C. Colli di Parma comprende tre sottodenominazioni, due relative a bianchi (Malvasia e Sauvignon) e una al Rosso che può essere ottenuto da uve barbera, bonarda e croatina. Doveroso un tuffo nello spumeggiante mondo del Lambrusco e delle sue denominazioni: Reggiano, di Sorbara, Salamino di Santa Croce e Grasparossa di Castelvetro. Di colle in colle, passati quelli che prestano il nome alle certificazioni di Scandiano e Canossa, assaggiato un fresco calice di Montuni del Reno doc, ecco i Colli Bolognesi. Qui sono prodotti nove vini dei quali tre rossi e sei bianchi. Ad eccezione del Barbera, del Bianco, del Riesling Italico e del Pignoletto che sono ottenuti con vitigni italiani (alcuni dei quali autoctoni), gli altri sono tutti d’origine francese.

A levante del Sillaro,entriamo nella zona ove oltre alla prima (1987) ed unica DOCG regionale Albana di Romagna (prodotto in più versioni: Secco, Amabile, Dolce e Passito) troviamo le doc Sangiovese di Romagna ottenuta da uve sangiovese più un 15 per cento d’altre tipologie a bacca rossa tipiche della zona, Trebbiano di Romagna vino quotidiano dallo stile inconfondibile prodotto in circa 110000 ettolitri annui, Ente Tutela vini di Romagna, Colli d’Imola, Colli di Faenza, Colli di Rimini, Pagadebit e Cagnina. Punto finale del percorso, la vasta zona posta nelle province di Ferrara e Ravenna. Quest’area, contraddistinta da terreni prevalentemente sabbiosi, tagliati da fiumi e canali, è denominata Bosco Eliceo ovvero la doc conosciuta come quella dei “vini della sabbia”.

Veneto

Storia e Tradizioni

La storia del vino veneto ha particolari radici. Già nel Medioevo si beveva il vino proveniente da tutte le provincie del Veneto. Ogni provincia si distingueva per una produzione di vino che aveva già spiccate caratteristiche di tipicità.

Al giorno d’oggi il Veneto presenta una fisionomia viticola che è il frutto di trasformazioni e di scelte recenti, sviluppatesi dopo la ricostruzione post-filosserica delle vigne. La produzione d’uve da vino è una delle componenti fondamentali dell’economia agricola della regione e occupa un posto di primo piano nell’ambito nazionale.

La superficie coltivata a vigneto si estende su un’area di circa 180.000 ettari, di cui 120.000 in coltura specializzata e la produzione media annua si aggira intorno ai 10 milioni d’ettolitri.
Una produzione di vini importante, valutabile attorno al 12% di quella nazionale, caratterizza la regione Veneto: il suo prodotto è di gran lunga tra i più abbondanti del settentrione, superato soltanto da quello di Sicilia e Puglia e (ma non tutti gli anni) dell’Emilia-Romagna.

Un altro aspetto tipico della viticoltura veneta è la varietà pedoclimatica della zona: la regione spazia dalle Dolomiti orientali e dall’alto bacino del Piave a una zona prealpina e alle colline moreniche, disposte come una fascia che corre parallela alle Alpi dalla sponda orientale del Garda fino a Vittorio Veneto, per attraversare poi la pianura padana e affacciarsi al litorale adriatico che dal delta del Po alla foce del Tagliamento forma un arco orlato di lagune.

È facile intuire la differenza climatica che può intercorrere fra le sponde del Garda o i Colli Berici, dove alla vite si sposa persino l’ulivo, e l’alta valle del Piave o le estese zone pianeggianti

Visitiamo il territorio e le sue produzioni:

La qualità è ben diversa rispetto ad un paio di decenni fa, quando l’immagine del vino veneto era quella di un prodotto che, se andava bene, era tecnicamente perfetto ma assolutamente impersonale.

Se la provincia di Verona, attraverso Valpolicella, Soave e Garda, mantiene una sicura leadership, quella di Treviso non è più solo Prosecco visto che la doc Piave sta dando interessanti segni di rilancio. Le numerose denominazioni d’origine proseguono poi con Bagnoli, Bardolino, Bianco di Custoza, Breganze, Colli Berici, Colli di Conegliano, Colli Euganei, Gambellara, Lessini-Durello, Lison-Pramaggiore, Lugana, Montello e Colli Asolani, San Martino della Battaglia, Valdadige. La parte del leone, almeno per quanto riguarda l’aspetto qualitativo spetta, di buon diritto, al veronese: qui, grazie alla solidità d’alcune denominazioni, le cose vanno molto bene.

È possibile tracciare una mappa della viticoltura veneta suddividendo il territorio regionale in plaghe che, per quanto non totalmente uniformi, presentano caratteri comuni e talune prerogative connesse all’ambiente e alla tradizione.

La sponda orientale del Benaco, costituita dalle colline del bacino morenico del Garda, gode di clima e vegetazione mediterranei, non solo per l’influenza termoregolatrice del lago, ma anche per il baluardo del monte Baldo che frena le correnti di aria fredda del nord; di questo microclima eccezionale è prova anche la fiorente olivicoltura. Qui uve di vitigni particolari come Corvina, Rondinella e Molinara consentono un uvaggio da cui derivano i vini Bardolino, che il disciplinare della DOC prevede nelle versioni Rosso, Chiaretto, Novello e Spumante. Sempre da un uvaggio, in questo caso di Trebbiano, Garganega e Tocai, deriva il Bianco di Custoza DOC, i cui vigneti occupano soprattutto le colline a sud del lago lungo la valle del Mincio. A completare la produzione enologica del Garda orientale partecipano, in piccola parte, i vini Val d’Adige con la sottozona “Terra dei Forti”all’interno della più grande d.o.c. “Valdadige” a nord e i vini prevalentemente lombardi Lugana e Tocai di San Martino della Battaglia a sud.

Le vallate veronesi dei monti Lessini sono patria di vini di grande fama e diffusione. Sulle pendici, talvolta scoscese, di vallate scavate da ghiacciai e corsi d’acqua e orientate a mezzogiorno, prosperano i vigneti dei più noti vini veronesi: ilValpolicella e il Soave. Questi vini, specialmente il Soave, per l’abbondanza della loro produzione, l’importante industrializzazione di certi grandi produttori e l’ottima diffusione commerciale, hanno costituito e costituiscono un’autentica testa di ponte dell’enologia italiana nel mondo.

I vigneti di Corvina Veronese, Rondinella, Molinara destinati alla produzione del Valpolicella coprono gran parte dei declivi inferiori delle vallate. L’area della denominazione Valpolicella Classico e la più occidentale, temperata dalle brezze del Garda; segue, a nord di Verona, la zona del Valpolicella Valpantena; quindi, più a est. quella della denominazione Valpolicella. A questi vini rossi sono riservate le menzioni Recioto e Amarone esclusivamente quando per la vinificazione vengono utilizzate uve parzialmente essiccate, nelle quali la concentrazione zuccherina è favorita dal clima asciutto e fresco della stagione tardo-autunnale. I vitigni bianchi, soprattutto il Garganega, poi il Pinot Bianco, lo Chardonnay e il Trebbiano di Soave, allignano in particolare nelle pianure vicine all’Adige, dove si produce il vino Soave DOC, e più a est in un’area fra i comuni di Soave e Monteforte d’Alpone alla quale è riservata la denominazione Soave Classico; qui i vigneti esposti a mezzogiorno godono di un microclima particolare e le sensibili escursioni termiche che si verificano tra il giorno e la notte esaltano aroma e sapore del vino.

I vigneti del vitigno Durello si stendono sulle colline, spesso elevate, a oriente della catena dei Lessini, sconfinando nella provincia di Vicenza. Ne derivano vini di acidità spiccata come il Lessini Durello DOC di cui esiste anche una versione spumantizzata.

Sui Colli Vicentini e Padovani, che occupano la parte centrale della regione, si distinguono diverse aree vinicole. A nord le propaggini dell’altopiano di Asiago e l’altopiano formato dall’Agno, dall’Astico e dal Brenta ospitano vigneti che danno i vini denominati Breganze: vini rossi, fra cui Merlot, Pinot Nero e soprattutto Breganze Cabernet, e vini bianchi, specialmente Tocai, Pinot Bianco e Vespaiolo, pieni di carattere. Un’ altra area è quella dei vini che prendono il nome diGambellara, dal comune capoluogo di un comprensorio vicino alla zona del Soave, sotto le propaggini sudorientali dei Lessini. Qui, in particolari condizioni di terreno e climatiche, predomina il vitigno Garganega dal quale si ottengono vini bianchi, fra cui un Vin Santo invecchiato e un Recioto del quale esiste anche una versione spumantizzata.

A sud di Vicenza, i Colli Berici fruiscono di un clima dolcissimo che consente l’olivicoltura; la DOC Colli Berici raggruppa ben 7 denominazioni di vitigni: i rossi Cabernet, Merlot, Tocai e i bianchi Garganega, Pinot, Sauvignon, Tocai, fra cui si possono evidenziare il Tocai Rosso e il Garganega Bianco.

Vicino ai Colli Berici, a sud-ovest di Padova, si trovano i Colli Euganei, anch’essi di natura vulcanica con terreni però ricchi di sedimenti calcarei; vi crescono da sempre vigne di Cabernet, di Merlot e dei bianchi Garganega e Tocai. La denominazione Colli Euganei, che è anche una DOC, può essere completata da certe menzioni di vitigno, fra le quali quella di Moscato relativa a un vino da uve di Moscato Bianco di cui esiste anche una versione spumante. Oltre alle perle enologiche dei Colli ci sono anche vini ordinari delle pianure vicentina e padovana.

Le Colline Trevigiane sono due fasce collinari site più a oriente, nella provincia di Treviso, su entrambe le sponde del Piave. Quella compresa fra Valdobbiadene e Conegliano, protetta dalle cime alpine, ha clima mite e suoli di varia natura sui quali il locale, diffuso vitigno Prosecco dà vini pregevoli e alquanto diversi fra loro, per esempio più morbido e fruttato il Prosecco di Conegliano di quello di Valdobbiadene, raffinato e intenso quello di Cartizze, da vigne in ripido pendio su argille calcareo-sabbiose. La recente DOC Colli di Conegliano riguarda diversi vini prodotti in una zona delimitata di cui Conegliano costituisce il centro.

La provincia di Venezia è quella che dal punto di vista enologico soffre di più: ettari ed ettari di pianura che assicurano al mercato grandi quantità di vino caratterizzato da acidità e basso grado alcolico. E’ vero che, a differenza delle altre pianure venete, qui le condizioni pedologiche sono inferiori, i vigneti non hanno una vocazione brillante, ma la viticoltura insegna che, se si orientano bene le energie, si possono ottenere confortanti risultati anche in vigneti che non hanno grande vocazione. Attualmente le varie Doc della provincia di Venezia stanno facendo notevoli sforzi per migliorare la qualità media del loro prodotto. Il territorio della provincia di Venezia comprende la D.O.C. di “Lison Pramaggiore” e quella “Vini del Piave”.

Friuli – Venezia Giulia

Storia e Tradizioni

La più orientale delle regioni italiane, ai confini con l’Austria e con la ex Yugoslavia, che include l’esigua area istriana attorno a Trieste, secondo gli storici conosce la viticoltura fin da tempi antichissimi, quando le prime varietà di Vitis vinifera vi giunsero dall’Oriente, assai prima della conquista romana.

Probabilmente la vite veniva coltivata dai Celti prima dell’arrivo dei Romani in Friuli, ma fu la loro decisione di costruire Aquileia nel 183 a.C. a dare il via alla prima coltura intensiva della vite. Ad Aquileia infatti, una delle prime città dell’Impero Romano, arrivarono miglia di coloni con l’obiettivo di sottomettere le popolazioni locali e di diffondervi la vitivinicoltura.

Le testimonianze scritte e le migliaia di anfore ritrovate testimoniano che l’iniziativa enologica ebbe un sicuro successo e che Aquileia, allora porto, era diventata un emporio enologico di grande traffico. Da lì si sviluppavano i traffici verso tutta la regione, grazie alla rete stradale costruita dai conquistatori.

Uno dei suoi momenti migliori l’enologia friulana lo visse sotto il dominio veneto (tra il cinquecento e il settecento) e, centocinquant’anni più tardi sotto quello austriaco. Da una parte i notabili friulani fecero conoscere la bontà dei vini prodotti dai propri vignaioli presso tutte le corti europee, dall’altra la lungimiranza amministrativa austriaca mise a punto il catasto, e per le contee di Gradisca e di Gorizia diede il via alla prima classificazione delle vigne “in ragione della loro bontà”. I responsabili dei beni culturali, ambientali ed artistici della Corte di Vienna si erano infatti posti il problema di censire l’enorme varietà di tipi che caratterizzavano in quei tempi le coltivazioni dei terreni viticoli. Un catalogo stilato dal conte Pietro di Maniago conteneva ben 127 vitigni. Un altro, dopo quaran’anni, 357. I primi anni del secolo videro un nuovo declino causato dalle malattie fungine, e gli insetti misero in ginocchio la vitivinicoltura di mezza Europa, compresa quella friulana. Finite le guerre, trovati i rimedi alle fitopatie, rientrati molti emigranti, ecco la viticoltura diffondersi di nuovo con il continuo aggiornamento tecnologico delle cantine e l’accresciuta professionalità degli operatori. I traguardi di qualità, quantità e diffusione raggiunti dal vino friulano nel mondo sono la somma delle battaglie, esperienze, lotte, sofferenze, e capacità di una larga parte degli agricoltori di questa regione.

Un’incessante evoluzione e una sicura predilezione per questa coltura ha conferito da sempre pregio ai vini friulani e giuliani i quali, più recentemente, hanno ribadito la loro classe inconfondibile ottenendo riconoscimenti e successi nazionali e internazionali. Al punto che si può con ragione parlare di un autentico stile enologico friulano fatto di predilezione per i vini da monovitigno, di rispetto per la fragranza aromatica, di ampie selezioni varietali, di costante sperimentazione e di caparbia intransigenza nella ricerca della qualità, di cui e sintomo inequivocabile la bassa resa per ettaro dei vigneti.

Visitiamo il territorio e le sue produzioni:

Riprova del livello elitario dei vini della regione è l’alta percentuale di prodotti a DOC Ciò su una produzione totale modesta ma ragguardevole, se si considera che un 2% circa della produzione nazionale è ottenuto da un vigneto relativamente ridotto come estensione, coltivato con criteri di bassa resa e di elevata qualità.

Il territorio comprende le Prealpi Carniche e le Prealpi Giulie, una vasta zona pianeggiante solcata dal Tagliamento e da altri fiumi minori, si affaccia all’Adriatico con una bassa pianura che fronteggia le lagune di Marano e di Grado e si prolunga poi dal Carso verso Trieste fino a Muggia in una sottile striscia costiera istriana.

Il Friuli-Venezia Giulia è una delle cinque regioni italiane a statuto speciale; terra di confine, ha una storia tormentata che dal punto di vista enologico prese una nuova svolta dopo la prima guerra mondiale, quando il reimpianto di tanti vigneti distrutti offerse lo spunto per sperimentare vitigni stranieri che si sono poi inseriti nella gamma di quelli nostrani, alcuni dei quali addirittura storici come il Refosco, identificabile con una varietà già celebre in epoca romana. Sussistono altri vitigni forse antichi e comunque rintracciabili nelle cronache medievali; Ribolla, Pignolo, Malvasia Istriana, Verduzzo e poi, a frutto nero, Schioppettino e Tazzelenghe. Altri vitigni tipici o addirittura in evidenza come il Tocai Friulano e il Picolit non hanno provenienza accertata ma lunga tradizione. Quanto ai vitigni stranieri prevalenti, i rossi Merlot e Cabernet Franc e Sauvignon e i diversi Pinot Nero, Grigio, Bianco, aprono la fila insieme ai bianchi come Chardonnay, Sauvignon, Riesling, Traminer. Ma numerose sono poi le varietà raccomandate o autorizzate. Il vigneto friulano che come s’è detto, è destinato a basse rese, presenta in collina una forma di allevamento a “doppia arcata capovolta” e in pianura un sistema detto “casarsa” predisposto per la vendemmia meccanizzata.

Le Grave del Friuli, così dette dal francese graves che designa terreni analoghi del Bordolese, stanno ai piedi di un anfiteatro morenico dove le erosioni fluviali hanno accumulato e depositato terreni grossolani, ghiaiosi che si prestano alla viticoltura. In questa zona pianeggiante fra Udine e Pordenone scorre il Tagliamento; su appezzamenti a strutture morfologiche variabili e nei diversi microclimi delle vaste Grave allignano numerose varietà di vite per la produzione di vini rossi, soprattutto Merlot e bianchi, la cui produzione è sempre in aumento, capeggiati dal Tocai Friulano. La D.O.C. Grave del Friuli si specifica con un’intera gamma di vitigni fra cui i Cabernet, il Pinot Grigio e Bianco, il Refosco dal Peduncolo Rosso, il Verduzzo Friulano e via dicendo.

La Piana bassa al di sotto delle Grave, caratterizzata dalle risorgive – cioè da acque che ritornano in superficie dopo percorsi sotterranei – si estende fino al litorale adriatico con terreni formati da sedimentazioni di materiale leggero, argilloso, limo, sabbia, sui quali, date le favorevoli condizioni climatiche, sono coltivati vitigni che danno prodotti interessanti. Nel tratto più occidentale la pianura bassa confina col Veneto e include la parte settentrionale della zona da cui si ottengono i vini DOC Lison-Pramaggiore (vedere Veneto).

Nella zona di Latisana, su terre in parte di bonifica, si coltivano vitigni a frutto rosso che danno vini rossi e rosati solitamente piuttosto leggeri rispetto ai vitigni a frutto bianco. Anche la DOC Friuli Latisana si applica a una serie di prodotti prevalentemente da monovitigni: Merlot, diversi Cabernet’ Refosco fra i rossi, Tocai, Pinot Bianco e Grigio, Verduzzo Chardonnay e altri fra i bianchi, più i rosati da uvaggio.

La zona di Aquileia, più a est, possiede anche terreni calcarei e gode di un mite clima marittimo che influiscono sulle viti da cui si ottengono vini, sia rossi sia bianchi, beverini, fruttati, sempre distinti per vitigno, secondo lo stile regionale. La D.O.C. Aquileia o Aquileia del Friuli include anche un rosato da uvaggio.

I Colli Orientali del Friuli appartengono alla parte più classica e più apprezzata del vigneto friulano. Si tratta di rilievi di modesta altitudine, geologicamente piuttosto omogenei, che si distendono in una fascia ai piedi delle Prealpi Giulie, da Tarcento a Cividale del Friuli, poi più a sud fino a Buttrio e a Corno di Rosazo, che già risentono dell’influsso dell’Adriatico con un microclima meno freddo e umido. Proprio per questo nella zona meridionale si trovano maggiori concentrazioni di vigneti, specialmente a frutto bianco, che producono in prevalenza vini Tocai, Ribolla, Pinot, Chardonnay, Sauvignon. I rossi dei Colli Orientali, corposi e coloriti, sono soprattutto Cabernet e Merlot, pur se la DOC e riferita anche ad altri vitigni. Tuttavia i vini più caratteristici dei Colli Orientali sono il Picolit dolce, soprattutto della zona fra Rocca Bernarda, Bosco Romagno e Prepotto; il Ramandolo dal vitigno Verduzzo Friulano, specialmente della zona settentrionale attorno a Nimis e Tarcento, lo Schioppettino di Prepotto e di qualche altra località.

Il Collio Goriziano, simile ai Colli Orientali come caratteristiche pedologiche e morfologiche, con un microclima così dolce da consentire persino l’olivicoltura, vanta colture a vigna compatte, ordinate e ben irrigate, su terreni friabili la cui componente minerale consente la produzione di vini bianchi profumati, fini, eccezionalmente armonici e di vini rossi piacevoli, morbidi, profumati. Questo piccolo comprensorio è costituito da una fascia collinare arrotondata che segue il confine di stato con la ex Yugoslavia; per apprezzarne la meticolosa viticoltura, basta visitare i vigneti attorno alle città di Cormons, di Fara d’Isonzo e di Gorizia o quelli più elevati attorno a San Floriano. Anche nel Collio Goriziano la maggior parte della produzione vinicola riguarda i vini bianchi, con in testa il Tocai, poi il Pinot Bianco, il Pinot Grigio, lo Chardonnay, il Sauvignon. Pregevoli però sono i rossi, specialmente Cabernet Franc e Merlot, che riescono corposi, fruttati, in parte adatti all’invecchiamento. Anche questa zona ha ottenuto la propria DOC Collio Goriziano o Collio, che può indicare un vino bianco e un vino rosso da uvaggi ma che poi, secondo lo stile “varietal” regionale, designa vini precisati dal relativo monovitigno.

La Plaga Isontina, costituita dai depositi alluvionali dell’Isonzo fino a Monfalcone, ha clima temperato e composizione dei terreni diversa sia da quella delle altre zone pianeggianti, sia delle zone collinari. Soprattutto nella parte più settentrionale, i vini sia rossi che bianchi sono intensamente fragranti, con più personalità degli altri vini di pianura e abbastanza paragonabili a quelli del Collio, dei quali condividono anche la gamma di vitigni.

Il Carso, ossia la striscia di Istria italiana fino a Trieste e Muggia, occupa un altopiano i cui terreni sono assai particolari, composti prevalentemente da calcare gessoso, porosi, solcati da corsi d’acqua sotterranei – formazione geologica detta appunto “carsica”. In questo ambiente praticamente unico, dov’è particolare anche il clima instabile – mite lungo il golfo, rigido e spesso ventoso all’interno – su colline che raggiungono altitudini variabili fra 200 e 500 m si coltivano soprattutto i vitigni Refosco Istriano, più comunemente detto Terrano (rosso) e Malvasia Istriana (bianca). Se ne ricavano vini interessanti (qualificati con la DOC Carso) dei quali si dice persino che abbiano proprietà medicamentose dovute alla ricchezza di minerali che derivano dalle caratteristiche del terreno locale.

Friuli Annia è l’ultima denominazione creata in Friuli Venezia Giulia, riconosciuta con Decreto del 27 Ottobre 1995. Grazie ai particolari terreni i vini bianchi godono di buoni e intensi profumi. Il Tocai è la varietà di uva più coltivata. I vini rossi Friuli Annia hanno un buon corpo e sono vinosi al punto giusto. Il loro gusto è senzaltro carico di piacevolezza.

Trentino – Alto Adige

Storia e Tradizioni

Punto d’incontro, nei secoli, tra civiltà e culture diverse, pur conservando una propria identità, terra soprattutto contadina, seria, paziente, ricca di tradizioni ma che sa anche essere ospitale e aperta, il Trentino Alto Adige è una regione che offre al visitatore accorto delle bellezze naturali incomparabili.

Grandi gruppi montuosi dalle cime perennemente innevate, fitte e lussureggianti foreste, numerosi laghi, piccoli e grandi, dai nomi e dai colori romantici, distese di prati alpini ricchi di fiori ed erbe profumate; ma anche bellezze architettoniche, castelli, palazzi e tanti piccoli villaggi montani dove il tempo pare si sia fermato.

La vite coltivata nelle vallate diviene un tutt’uno con il paesaggio in un’ordinata sequenza di pergolati e filari, spesso abbarbicati su ripidi pendii sostenuti da piccoli muretti di sassi, che con la loro perfezione geometrica seguono armonicamente il disegno delle colline. Queste caratteristiche morfologiche così varie creano diversi microambienti sia per quanto riguarda la composizione dei terreni, sia per il differente clima, che permettono la coltivazione di numerosi vitigni, locali e autoctoni.

Le forti escursioni termiche fra il giorno e la notte, nel periodo prima della vendemmia, favoriscono inoltre la formazione di eleganti profumi, che vengono esaltati poi dalla freschezza dei vini. Per questi fattori e per l’antica tradizione plurisecolare che accompagna la produzione enologica di queste terre, il vino trentino – alto atesino si differenzia e caratterizza rispetto ad altre zone viticole con una personalità particolare ed inconfondibile che, nella molteplicità delle varie tipologie, permette di accompagnare qualsiasi tipo di piatto o preparazione gastronomica.

Nella zona subalpina forme selvatiche di vite erano presenti sin dall’inizio del Terziario. Nonostante l’azione devastatrice delle successive epoche glaciali, la vite silvestre riuscì a ridiffondersi e ad essere avviata ad una rudimentale coltivazione dalle comunità umane presenti. A conferma di questo si possono ricordare i reperti risalenti all’età del Bronzo rinvenuti nelle zone palafitticole del Garda, di Ledro e di Fiavè. A queste viti autoctone vennero progressivamente a sovrapporsi o a mescolarsi le varietà di vite originarie dell’area caucasica.
Nella Penisola, compresa la zona subalpina, le forme selvatiche subirono dunque un’azione di ibridazione naturale ed una costante pressione e selezione ad opera dell’uomo, fino ad evolversi nelle varietà coltivate. L’asta atesina (Valle dell’Adige) fu interessata anche dalla trasmigrazione dei Celti provenienti d’oltralpe. In particolare alcuni nuclei celtici dei Galli colonizzarono le pendici delle Prealpi Bresciano – Veronesi per poi stabilirsi nella Valle dell’Adige ove affiancarono alla costruzione di insediamenti urbani e di altre attività economico agricole la coltivazione della vite e la produzione ed il commercio del vino
La successiva presenza romana agì nel solco della precedente tradizione stimolando, come altrove, il perfezionamento delle tecniche di coltivazione e di trasformazione. Di questa fiorente attività ne sono testimonianza numerose opere letterarie della civiltà classica (Svetonio, Tubillio, Plinio, Catone, etc)
La tradizione vitivinicola atesina subì una contrazione in coincidenza dello sfaldamento dell’Impero Romano e delle invasioni barbariche. Nei secoli XV e XVI si assistette all’introduzione e diffusione di vitigni particolari come il Marzemino in Val Lagarina. Grazie allo straordinario evento del Concilio di Trento (1545 – 1653) ed all’opera del Mariani, che del Concilio fu attento cronista, i vini trentini divennero conosciuti ed apprezzati anche al di fuori dei locali confini.
La seconda metà dell’ottocento fu caratterizzata dalla penetrazione di tre avversità devastanti quali l’oidio, la peronospera e la fillossera che determinarono alcuni anni di crisi profonda in molte regioni europee.

Preminente , nella rinascita viticola post – fillosserica, fu il ruolo esercitatodall’Istituto Agrario di San Michele all’Adige, istituzione fondata nel 1874 e tuttora elemento ispiratore della viticoltura e dell’agricoltura del territorio atesino.

Visitiamo il territorio e le sue produzioni:

La viticoltura trentina si estende su una superfice di circa 12.810 ettari. La produzione di vino è di circa 953.000 ettolitri all’anno il 45% è bianco e il 55% è nero, il 79,1% è a DOC., la maggior parte dei quali (80 %) è gestita dalle cantine cooperative. Contestualmente esiste una nutrita schiera di aziende vitivinicole di medio – piccole dimensioni “i vignaioli” che sta sviluppando un ottimo lavoro di valorizzazione delle peculiarità locali.

Sui pendii e le colline della Val d’Adige fra Merano e Salorno, e nella Valle d’Isarco fra Bolzano e Bressanone, i vigneti caratterizzano fortemente il paesaggio.
Solo i vigneti del Lagrein nel quartiere di Gries a Bolzano, e quelli all’estremo sud della provincia in corrispondenza di Salorno, si estendono in pianura. Da alcuni anni, anche la media e bassa Val Venosta sta vivendo una fase di rilancio come più “giovane” zona a DOC dell’Alto Adige.

Alla nota e spesso decantata varietà del paesaggio altoatesino corrisponde una varietà altrettanto ampia di uve. Una ricchezza di vitigni che è senza dubbio il risultato di condizioni climatiche eccezionalmente favorevoli e della composizione dei suoli nelle diverse zone.
Tre sono i vitigni e i vini autoctoni dell’Alto Adige: la Schiava, il rosso più tipico e diffuso dell’Alto Adige, il Traminer aromatico, oggi conosciuto in tutto il mondo e il Lagrein scuro, un riscoperto vino di spessore internazionale.

Da circa un secolo si coltivano però in Alto Adige anche altri importanti vitigni “internazionali”: Pinot nero, Merlot, Cabernet sauvignon e franc, Pinot bianco, Chardonnay, Pinot grigio, Silvaner, Müller-Thurgau, Riesling, Sauvignon, Veltliner verde e Kerner. Il moscato rosa, una specialità dell’Alto Adige e il moscato giallo come vini da dessert completano la gamma. A ciò si aggiungono poi circa 200.000 bottiglie di Spumante Alto Adige di qualità a base di uve Pinot bianco, Chardonnay e Pinot nero secondo il metodo tradizionale della rifermentazione in bottiglia.

Lombardia

Storia e Tradizioni

L’attuale territorio della Lombardia fu popolato da tribù galliche prima di venire conquistato dagli Antichi Romani nel III secolo A.C. e diventare parte della Gallia Cisalpina. Come gran parte del resto d’Italia, in seguito fu teatro di numerose invasioni ed occupazioni da parte di tribù barbariche nordiche e orientali. Nel 569 D.C. la regione divenne il centro di potere del regno dei Lombardi,

un’antica popolazione di ceppo germanico dai quali deriva il nome attuale della regione.

Divenne poi parte dell’impero di Carlomagno nel 774 e, dopo un periodo di enormi difficoltà, varie guerre ed altre invasioni, il sistema di potere passò gradualmente dal feudalesimo a quello dei liberi comuni. Iniziò così un periodo di crescita economica stimolato in buona parte dal fiume Po’ che a quei tempi rappresentava un’importante via di comunicazione e commercio fra l’Europa e il Mediterraneo.

Dopo altri secoli di lotte e cambi di leadership, dal 1815 al 1859 la regione divenne parte del regno Lombardo-Veneto sotto la dominazione Austriaca e, finalmente, alla fine della Guerra di redenzione divenne parte del Regno d’Italia.

Oggi la Lombardia è considerata la capitale industriale e commerciale del paese. Ciò nonostante, lo spirito artigiano e indipendente dei Lombardi, così integrato nella cultura e mentalità locali, ha fatto si che venissero preservate forme d’artigianato e mestieri tradizionali che sarebbero certamente scomparsi se fossero stati valutati esclusivamente da un punto di vista economico. Inoltre, negli ultimi decenni del secolo scorso si è assistito alla rinascita e rivalutazione delle abilità e dei prodotti artigianali, specialmente nei centri più grandi.

Le numerose feste tradizionali che vengono celebrate in gran quantità e con grande seguito popolare in tutta la regione, rifiutano la diffusa credenza che la conservazione del folclore e dei valori tradizionali siano strettamente legati all’assenza di sviluppo economico e sintomatici di stagnazione e immobilità socio-culturale.

I Vini

Nonostante la Lombardia non conti sull’abbondanza e qualità di vini delle regioni confinanti quali il Piemonte, il Veneto e il Trentino, la produzione locale è comunque rispettabile e conta su alcuni vini di fama extranazionale. Di fatto, le zone agricole lombarde sono per la maggior parte destinate alla produzione di colture foraggiere piuttosto che alla viticoltura. Questo detto però, va notato che esiste una produzione di vini degni di nota centrati specialmente attorno a sei zone principali.

L’Oltrepò Pavese, un’area che corrisponde in linea di massima al territorio della provincia di Pavia, ha una lunga tradizione enologica nonostante solo recentemente i vini locali abbiano acquisito un meritato riconoscimento anche all’estero. Tradizionalmente i vini prodotti in questa zona venivano venduti principalmente nelle osterie lungo le rive dei fiumi Pò e Ticino a prezzi accessibili per le popolazioni locali. Per lungo tempo questo fatto ha generato l’impressione che la qualità fosse inferiore rispetto ai vini prodotti nelle regioni limitrofe.

Nella zona del Valtellina DOC, centrata attorno alla provincia di Sondrio, si producono vini di rispetto fatti in gran parte con uva Nebbiolo del Piemonte, un nobile vitigno conosciuto in Lombardia col nome di Chiavannesca, Particolarmente apprezzati sono i vini a denominazione Valtellina Superiore, i quali vengono in genere differenziati tra di loro dall’area nella quale vengono coltivati i vigneti.

La terza zona di maggior produzione è quella del Franciacorta DOC in provincia di Brescia. Qui si producono nobili vini neri, bianchi e Spumanti eccezionali. Fra le circa circa 70 cantine vinicole all’interno della zona DOC se ne contano alcune rinomate a livello extra-nazionale, quali “Ca’ del Bosco” e “Berlucchi”. Secondo alcuni critici,quest’ultimo produce il miglior Spumante italiano. Cellatica e Botticino sono altre due zone DOC locate nelle vicinanze di Brescia e, da non dimenticare c’è il Trebbiano di Lugana, che viene prodotto sulle rive bresciane del Lago di Garda.

Altre tre zone DOC producono vini rispettabili quali il Valcalepio nella provincia di Bergamo, il Lambrusco Mantovano, nei dintorni di Mantova vicino al confine con l’Emilia e la minuscola zona di San Colombano al Lambro in provincia di Milano.

Valle d’Aosta

Rari e preziosi vini di montagna

La scarsa produttività di vini in Valle d’Aosta è dovuta non solo alla piccola estensione di questa regione ma soprattutto alla conformazione prettamente montuosa che costringe ad una ”eroica” viticoltura di montagna, con vigneti che, anche a 1300 metri di altitudine strappano piccoli spazi al monte più alto d’Europa, su terrazzamenti costituiti di pietra e mattoni, che sembrano scolpiti nella montagna e che si sgretolerebbero in breve tempo se le radici delle viti non svolgessero la loro funzione aggregante. Ed il termine “vino di montagna” ci ricorda l’asprezza del territorio e la conseguente rinuncia alla meccanizzazione, fattori che sottopongono i viticoltori a grandi sacrifici e fatica.

I vitigni: autoctoni, unici, introvabili
L’eroismo dei piccoli produttori valdostani lo ritroviamo anche nella ostinata determinazione a credere nelle proprie tradizioni e nelle risorse della propria terra. Loro non si sono lasciati allettare dalla possibilità di impiantare nuovi e più famosi vitigni, che forse li avrebbero fatti uscire dall’anonimato in tempi più brevi, ma hanno conservato i propri, quelli autoctoni, meno famosi ma introvabili anche nei paesi confinanti.

Solo qui vengono coltivati Priè Blanc (ex-Blanc de Morgex), Petit Arvine, Petit Rouge, Mayolet, Cornalin, Fumin, Vien de Nus.

Vini che ci raccontano di questa terra
Le uve autoctone valdostane offrono dei vini unici, particolari, non standardizzati, capaci di dare emozioni diverse, di trasportarci immediatamente in un meraviglioso paesaggio alpino: ritroviamo in questi vini i profumi del fieno di montagna, dei fiori e delle erbe aromatiche dei pascoli. Al gusto le doti di particolare freschezza ci parlano delle basse temperature del lungo periodo invernale; il finale amarognolo ci ricorda la fatica e il duro lavoro dei viticoltori; la scarsa longevità di questi vini ci racconta della brevità della stagione estiva.

I vini DOC

Vini Vitigni Altre tipologie
Bianco o Blanc a bacca bianca  
Rosso o Rouge a bacca rossa  
Rosato o Rosé a bacca rossa  
Novello o Nouveau a bacca rossa  
Con indicazioni di vitigno:
Chardonnay Chardonnay minimo 85% Vendemmia tardiva
Müller Thurgau Müller Thurgau minimo 85% Vendemmia tardiva
Petite Arvine Petite Arvine minimo 85% Vendemmia tardiva
Pinot Bianco Pinot Bianco minimo 85% Vendemmia tardiva
Pinot Nero o Pinot Noir (vinificato in bianco) Pinot Nero o Pinot Noir minimo 90%  
Cornalin Cornalin minimo 85%  
Fumin Fumin minimo 85%  
Gamay Gamay minimo 85%  
Mayolet Mayolet minimo 85%  
Nebbiolo Nebbiolo minimo 85%  
Petit Rouge Petit Rouge minimo 90%  
Pinot Nero o Pinot Noir Pinot Nero o Pinot Noir minimo 90%  
Syrah Syrah minimo 85%  
Pinot Grigio o Pinot Gris Pinot Grigio o Pinot Gris minimo 90% Vendemmia tardiva
Prëmetta Prëmetta minimo 90%  
Con menzioni geografiche
Blanc de Morgex et de La Salle PriéBblanc Spumante
Extra Brut / Brut / Demi Sec
Vendemmia tardiva
Chambave Moscato o Chambave Muscat MoscatoBbianco  
Chambave Moscato Passito o Chambave Muscat Flétri Moscato Bianco  
Nus Malvoisie Pinot Grigio o Pinot Gris  
Nus Malvoisie Passito o Nus Malvoisie Flétri Pinot Grigio o Pinot Gris  
Arnad-Montjovet Nebbiolo minimo 70% Superiore
Chambave Rosso o Chambave Rouge Petit Rouge minimo 70% Superiore
Donnas Nebbiolo minimo 85% Superiore
Enfer D’Arvier Petit Rouge minimo 85% Superiore
Nus Rosso o Nus Rouge Vien de Nus e Petit Rouge minimo 70% (Vien de Nus almeno 40%) Superiore
Torrette Petit Rouge minimo 70% Superiore

I prodotti tipici
Anche la cucina valdostana ha poco in comune con il resto dell’ Italia. Sulle tavole non vengono proposti né pasta (sostituita da zuppe) né olio (sostituito dal burro), ma le specialità gastronomiche locali sono numerose e vengono prodotte con accurata attenzione e con metodi antichi tramandati di generazione in generazione. L’allevamento dei bovini, che possono nutrirsi di fresche e profumate erbe degli alti pascoli, fornisce latte,un profumatissimo burro e formaggi di alta qualità, tra cui i più famosi sono la fontina, il fromadzo e la toma di Gressoney.

Piemonte

Storia e Tradizioni

La regione deve il nome al fatto di trovarsi “ai piedi dei monti”: le imponenti catene alpine accolgono rinomate località sciistiche quali Sestriere, Bardonecchia, Limone Piemonte. Il capoluogo, Torino, è una città d’arte barocca ricca di storia con uno dei musei egizi più importanti del mondo.

La prima parola che viene associata al Piemonte é la parola vino e non è un caso: la coltivazione della vite risale a tempi immemorabili e le qualità dei suoi prodotti è riconosciuta da sempre a livello mondiale. Il vino fa parte della sua cultura. I primi reperti che indicano la coltivazione della vite in questa regione risalgono agli inizi del IV millennio a.C (neolitico) con i ritrovamenti di polline a Casalnoceto e data la tendenza della vite ad avere una limitata diffusione di polline, questa potrebbe essere la prova che già in quell’ epoca la diffusione della vite fosse consistente. Non è certo che questi reperti indichino una vera coltivazione della vite, ma visti gli eventi successivi lo si ritiene molto probabile. Vi sono stati ritrovamenti risalenti al XIV – XIII secolo a.C ad Alba (media età del bronzo) ed è stato trovato un vinacciolo a Vislavio risalente al X – IX secolo a.C. Vi sono dati successivi che attestano l’ attività del commercio dei vini sin dall’ epoca preromana. Che la viticultura piemontese fosse già sviluppata prima dell’arrivo dei romani in questi territori, può essere confermata dall’ uso, per il mantenimento e trasporto del vino, delle botti di legno. Le botti erano estranee alla pratica enologica greca e del centro italia, infatti gli antichi testi cominciano a citarle solo in riferimento ai territori della Gallia Cisalpina.

Il Piemonte è terra di Vino fino dalla notte dei tempi. Il mondo intero ha imparato a conoscere i grandi vini piemontesi: i Rossi sontuosi e ricercati (Barolo, Barbaresco, Gattinara, Barbera …) i Bianchi rotondi e profumati (Erbaluce, Roero Arneis, Gavi, Cortese …), i Vini da dessert e da conversazione, amabili e invitanti (Asti Spumante, Bracchetto, Moscato d’Asti, Malvasia, Caluso Passito …), per un magico connubio con le specialità della cucina piemontese.

Il vino è un patrimonio unico che fa del Piemonte una straordinaria area d’eccellenza a livello mondiale, un prodotto che si differenzia per le diverse caratteristiche climatiche e di coltivazione che interessano la nostra regione. Da questi aspetti derivano le caratteristiche che conferiscono al vino piemontese le peculiarità che lo rendono unico. In Piemonte si producono media-mente, ogni anno, circa 6 milioni di quintali di uva che viene interamente trasformata in vino, in quantità che varia da 3,5 a 4 milioni di ettolitri.

Volendo delineare un sintetico profilo della realtà vitivinicola piemontese occorre, innanzi tutto, sottolineare che si tratta di una viticoltura di collina che, proprio per questo dato oggettivo ineludibile, produce a costi alti, in quantità contenute e con uno straordinario potenziale qualitativo che connota il Piemonte come una tra le regioni leader dell’enologia italiana. Il ventaglio dell’offerta piemontese di qualità copre più del 90% della produzione e comprende più di 40 vini a denominazione d’origine controllata (d.o.c.) e ben 8 a denominazione d’origine controllata e garantita (d.o.c.g):

Visitiamo il territorio e le sue produzioni:

Se si osserva la carta delle aree viticole piemontesi appare evidente come esista un vero e proprio “cuore” viticolo ritagliato a cavallo delle province di Cuneo, Asti e Alessandria, intorno a cui gravitano altre realtà nella provincia di Torino, di Novara e di Vercelli. Al di là delle suddivisioni amministrative si individuano 19 aree di produzione.

Le Langhe (Bassa Langa, Alta Langa , Langa Astigiana), forse la più nota tra le zone collinari, si stendono lungo la sponda destra del Tanaro. La forte specializzazione viticola conferisce a questi territori un particolare fascino visivo che ne fa anche motivo di attrazione turistica. Ben il 70% della produzione è rappresentato da vini a d.o.c.. Vengono prodotti Nebbiolo d’Alba, Barbaresco, Barolo, Dolcetto d’Alba, Dolcetto di Diano, Dolcetto di Dogliani, Dolcetto delle Langhe Monregalesi, Moscato d’Asti e Barbera d’Alba.

Al di là del Tanaro, lungo la sua sponda sinistra, si trova il Roero che comprende 23 comuni cuneesi e il comune di Cisterna d’Asti. Il Roero è un territorio che negli ultimi anni sta elegantemente rafforzando la sua immagine puntando su un rapporto sinergico tra la bellezza del paesaggio e la bontà dei suoi prodotti, in primo luogo, anche in questo caso, i vini: Nebbiolo d’Alba, Barbera d’Alba, Roero e Roero Arneis sono le d.o.c. di quest’area. Come per le Langhe anche qui l’incidenza percentuale dei vigneti a d.o.c. è elevata.

Passiamo ora al Monferrato Astigiano (Basso Monferrato d’asti) che comprende tutti i comuni della provincia di Asti. E l’area che dà il maggiore contributo produttivo. Da questa zona provengono Barbera d’Asti, Barbera del Monferrato, Dolcetto d’Asti, Freisa d’Asti, Grignolino d’Asti, Moscato d’Asti, Asti spumante, Cortese, Brachetto d’Acqui, Malvasia di Casorzo, Malvasia di Castelnuovo Don Bosco, Ruchè di Castagnole Monferrato.

Il Monferrato Casalese si sviluppa intorno alla città di Casale e comprende 49 paesi dove i vigneti producono uve per Barbera del Monferrato, Grignolino del Monferrato Casalese, Gabiano, Rubino di Cantavenna, Malvasia di Casorzo. Circa un quarto della produzione di vino in quest’area sono a d.o.c..

Ai confini con la Lombardia e con l’Oltrepo’ pavese troviamo i Colli Tortonesi, che comprendono trenta comuni alessandrini. Le d.o.c. riconosciute sono due, entrambe con la denominazione Colli Tortonesi, l’una derivante da vitigno rosso Barbera e l’altra da vitigno bianco Cortese. Quasi la totalità della produzione e derivata dal vitigno Barbera.

L’Alto Monferrato (Alto Monferrato d’Asti, Monferrato d’Acqui e Ovada, Colline Torinesi) si può identificare con il territorio,prevalentemente collinare, di 59 comuni gravitanti intorno ai due centri maggiori di Acqui Terme e di Ovada. Le d.o.c. di quest’area viticola sono sette e precisamente: Barbera del Monferrato, Cortese del l’Alto Monferrato, Grignolino d’Asti, Brachetto d’Acqui, Dolcetto d’Acqui, Dolcetto d’Ovada, Moscato d’Asti. Da segnalare nella zona il Comune di Moncucco Torinese (AT), polo principale di una piccola area che comprende 12 comuni della collina torinese noti, soprattutto, per la produzione del Freisa e del Malvasia.

Proseguiamo con l’area del Canavese e il comune di Carema, ai confini con la Valle d’Aosta dove si producono l’omonimo Carema e l’Erbaluce di Caluso. L’incidenza delle d.o.c. sul totale dei vini prodotti è qui alquanto modesta.

A Ovest delle Laghe troviamo produzioni di Rossi e Rosati delle aree Val di Susa, Pinerolese e Colline Saluzzesi. Infine l’area del Piemonte settentrionale con vini provenienti dal Vitigno Nebbiolo, comprendente i territori collinari delle province di Novara (Colli Novaresi) con i Vini che si identificano con il nome del comune di produzione Boca, Fara, Ghemme, Sizzano e le aree del Vercellese con Gattinara(D.O.C.G.) e Biellese con Lessona.

Liguria

Storia e Tradizioni

La Liguria è una tra le più piccole regioni dell’Italia del nord, confinante ad est con la Toscana, a nord-est con l’Emilia Romagna, a nord con il Piemonte, ad ovest con la Francia; a sud è bagnata dal mar Ligure. Circondata cioè dai luoghi più suggestivi del nord Italia e’ lei stessa considerata meta turistico-culturale, visitata da persone provenienti da ogni parte del mondo.

Territorialmente collinosa, sfrutta tale qualità per la viticoltura che risulta essere una scelta appropriata insieme alla coltivazione di uliveti. Dalla costa alle colline e, ai monti all’interno, e’ disseminata di borghi medievali in una cornice naturale molto suggestiva. Ricca di manifestazioni e sagre richiamanti il passato di tradizione, influenzato dagli antichi romani, dalla vicinanza del Piemonte e da tutte quelle culture avvicinatesi per via marittima a causa dei commerci, la Liguria offre al turista curioso momenti e paesaggi unici per il loro genere.

Il territorio ligure e’ particolare a causa del suo sviluppo legato alla costa e ai monti. Sulla costa infatti, il territorio è pianeggiante con la presenza di alcune piane, come la Piana di Albenga, zona di produzione di ottimi prodotti enogastronomici, quella di Chiavari e quella della Magra. Vi e’ anche un parco naturale di grande rilevanza naturalistica e di straordinaria bellezza: il Parco Naturale di Portofino.Vi sono altri parchi e giardini sparsi per la Liguria come quelli di: San Remo, Laigueglia, Celle Ligure, Genova, Nervi, S.Margherita, Rapallo, Chiavari, Sestri Levante, elencando solo quelli situati sulla costa poiché ce ne sono anche nell’entroterra.

Territorialmente perciò, si può dividere la Liguria in tre fasce. La prima si trova a ridosso del mare ed e’ pianeggiante, la seconda si trova nell’entroterra ed e’ collinare e quindi, nella parte più a nord della Liguria, si trova la terza parte, quella montana con alture che raggiungono anche i 2.500 Mt. Ma lo sapevate che ci sono diverse località sciistiche in Liguria? Beh certo, senza offendere nessuno nulla a che vedere con la Valle d’Aosta o il Trentino ma comunque degne di nota. Volete metter poi sciare vedendo il mare?
In questa particolare situazione territoriale ligure, un contesto a parte sono le Cinque Terre (prov. di La Spezia), zona collinosa a ridosso sul mare, utilizzata per la coltura dei vigneti Bosco, Albarola e Vermentino da cui si ottengono ottimi vini.

La prima fascia “costiera” e’ percorsa dalla via Aurelia (prova tangibile della passata influenza degli antichi romani) una strada che attraversa tutta la Liguria. A Ponente la via Aurelia continua verso Nizza ed il Principato di Monaco. E’ lungo la costa che lo sviluppo urbano è più significativo con le città di La Spezia verso est, Genova al centro del Golfo Ligure e poi verso il ponente con Savona, Sanremo ed Imperia. La seconda fascia comprende quella tipologia di territorio collinoso. Le cittadine di questa parte della Liguria sono mete per il turista che ama visitare chiese, abbazie, santuari, castelli, torri, fortezze, borghi medievali, ruderi, scavi archeologici, palazzi e ville. Durante l’estate quasi ogni paese organizza fiere, sagre, manifestazioni folcloristiche dedicate a prodotti o a pietanze tipiche del luogo. Anche per quanto riguarda le manifestazioni religiose e culturali, la Liguria e’ uno dei luoghi dove esse sono molto diffuse. Lungo la caratteristica forma d’arco della Liguria, si susseguono, a formare la terza fascia, l’Appennino Ligure e Alpi Marittime che appartengono solo in parte alla regione. Da questi monti scendono le brevi valli che incidono i versanti meridionali; queste valli, sono percorse da corsi d’acqua a carattere torrentizio come il Roia che ha le sue sorgenti in Francia; il Centa, il Polcevera che scende dai Giovi; ed infine il Magra che proviene dalla Toscana. La Liguria gode di uno dei climi più miti del territorio settentrionale dell’Italia,grazie a questa barriera montuosa che la difende dai venti provenienti dal Nord e grazie alla prossimità del mare che esercita un influsso benevolo, mitigando il freddo d’inverno ed il caldo d’estate.

Visitiamo il territorio e le sue produzioni:

L’aspetto più interessante del panorama enologico ligure è la varietà che contraddistingue l’arco di costa ligure. Lungo i circa 270 km. che vanno da Ventimiglia a La Spezia abbiamo due stelle DOC di primissima grandezza: il Rossese ad un estremo (ponente) ed il Cinque Terre all’altro estremo (levante).

In mezzo vini sicuramente non meno importanti ma incorporati in aree DOC più estese come quella della Riviera Ligure di Ponente e quella della Colli di Luni. La Riviera ligure di ponente comprende l’Ormeasco, il Pigato ed il Vermentino. La Colle di Luni anch’essa un pregiato Vermentino.

Altre zone DOC sono Colline di Levanto (Colline di Levanto Bianco e Colline di Levanto Rosso), Golfo del Tigullio (Golfo del Tigullio Bianco e Rosso) e Val Polcevera (Bianchetta e Vermentino)

Il panorama vinicolo della Liguria offre una gamma di vini di buon valore ed ottima qualità, seppure con una limitata produzione a testimonianza comunque della bontà della lavorazione. Infatti da una produzione indiscriminata e non particolarmente curata si è passato negli ultima anni ad una lavorazione più curata ed focalizzata a fornire un prodotto di qualità, spesso a scapito della quantità.